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Sinfonie

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Anni ’50 e ’60. L’arte informale. Non ci sono più forme definite, la libera espressione dell’arte. Da questo concetto parte il mio progetto “Sinfonie”. Scomposizione e ricomposizione delle forme dello strumento musicale, ma lo si intende solo da pochi elementi che si tratta di violini. Una curva particolare che sagoma lo strumento o una chiave di violino che si intravede.
Così come l’artista, autore di queste opere parte da una scomposizione dello strumento, io nei miei scatti lo scompongo ulteriormente catturando solo l’anima, la parte più profonda, interna, intima dell’opera.
Scatti che ti rimandano a certi dipinti di Balla o Boccioni, immagini che paiono in movimento, dai contorni non ben finiti dove tutto il resto rimane al di fuori dell’obiettivo. Un’eco di Picasso e della sua Chitarra, collage che riprende vagamente le forme di questo strumento che può ricordare un violino.
Immagini che sembrano sospese, così come le note musicali, intangibili, ma che risuonano nell’aria. Una ciclicità melodica, una ciclicità di forme, ritornano in ogni scatto quasi le stesse curve sinuose che seguono nello stesso andamento armonico le chiavi di violino incise, come una danza. Sfumature di tonalità armoniche, dai bianchi quasi eterei agli arancioni più decisi per passare ai toni del blu ed infine a tonalità cupe quasi nere ma tutte con un pizzico d’oro, elemento prezioso che si riflette come un cono di luce tra le ombre dell’immagine.
Suoni e colori si armonizzano tra loro quasi come se stessimo assistendo ad un concerto d’archi. I colori delle immagini e i colori delle note si fondono.
Ecco un altro legame, Kandinsky, i colori erano per lui una vera ossessione.
“Il colore è un mezzo per esercitare sull’anima un’influenza diretta. Il colore è un tasto, l’occhio il martelletto che lo colpisce, l’anima lo strumento dalle mille corde.” Ecco cosa pensava l’artista russo.
Scatti che prendono spunto da opere in ceramica dove risalta la matericità dell’opera, la materia viva, lavorata, ruvida, la ruvidezza di un violino zigano che spinge al limite le sue possibilità espressive, piegando lo strumento al servizio di un’intensità che evoca le tinte forti dei villaggi russi di Chagall.

Monica Baldi

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